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Miranda! | I fusi orari

 


 



«Per tutto codesto fuso il giorno locale comincerà quando suonano le sei del mattino, a tempo universale. Per tutto il secondo fuso procedendo verso Occidente, il giorno civile comincerà un’ora dopo, e così via. Con questo provvedimento sarà facilissima la riduzione reciproca del tempo universale e dei vari tempi locali, gli uni agli altri. Per esempio sapremo con certezza che quando saranno 14 minuti di una determinata ora, dove che sia, saranno 14 minuti di un’ora od altra, dappertutto».
Se ai giorni nostri Miranda! è un’opera in qualche modo conosciuta, lo si deve quasi esclusivamente a questo breve paragrafo nel quale per la prima volta vengono teorizzati i fusi orari. Filopanti propone una riforma della misura del tempo che prevede di suddividere longitudinalmente il globo terrestre in 24 zone o fusi, delimitati da due meridiani; all’interno di ogni area sarebbe stata adottata un’ora media, mentre la differenza d’orario fra un’area e l’altra sarebbe stata di un’ora. Si trattava della soluzione, semplice e geniale al tempo stesso, di un problema che stava creando notevoli difficoltà alla società del XIX secolo: la misurazione del tempo basata su tante ore locali indipendenti era entrata in crisi.

Il problema
Nel corso dell’Ottocento la tecnologia stava radicalmente cambiando la vita delle persone. Treni, piroscafi e telegrafo permettendo di viaggiare e comunicare in tempi rapidissimi, rivoluzionavano il modo di percepire il tempo: si percorrevano in poche ore distanze che prima avrebbero richiesto giorni, ma in mancanza di un tempo uniforme, chi partiva in treno per un lungo viaggio avrebbe avuto difficoltà a indicare l’ora di arrivo e chi riceveva un telegramma poteva stabilirne l’ora di invio solo con complicati calcoli. In una nazione delle dimensioni degli Stati Uniti gli orari ferroviari erano un ginepraio inestricabile che causava gravi perdite di profitto. Tutto questo si ripercuoteva in primo luogo sull’economia, ma poteva pure creare inconvenienti in campo militare. Era dunque indispensabile adottare anche per il tempo, come per le misure, uno standard che sostituisse la moltitudine delle ore locali. Il tema della misurazione del tempo diviene così argomento di dibattito scientifico e politico; se ne discute in molti paesi e in molte sedi e un acceso dibattito si svolse sui giornali statunitensi proprio all’epoca dell’esilio di Filopanti in quel paese; era indispensabile trovare una soluzione.
La soluzione
Si comincia allora a considerare la possibilità di istituire un tempo universale, che avrebbe però comportato diversi problemi.
Se il tempo locale rendeva difficili gli scambi, il tempo unico universale sarebbe stato percepito come innaturale nella vita quotidiana: per alcuni paesi, ad esempio, sarebbe stato mezzogiorno all’alba, per altri a notte fonda.
Filopanti condivide l’idea di un tempo unico per “l’astronomia, per le relazioni internazionali, per i telegrafi, per le navi, per le ferrovie”, ma contemporaneamente propone di adottare per la vita quotidiana una soluzione intermedia fra il tempo locale e quello universale: un sistema facile e immediato per il confronto dei tempi locali. Il sistema dei fusi orari, descritto nel paragrafo 1275 di Miranda!, aveva un innegabile vantaggio: il tempo all’interno di un fuso orario sarebbe stato molto simile al tempo reale, dal quale avrebbe differito al massimo di mezz’ora, mentre i tempi di zone molto lontane fra loro sarebbero stati facilmente calcolabili.
Riprendendo la proposta nella sua opera successiva, L’Universo, all’inizio degli anni ‘70, Filopanti scriveva: «Converrebbe stabilire un sistema di coincidenza per le ore dei diversi luoghi; un sistema il quale fosse semplice e bello, condizione necessaria perché egli sia facilmente appreso; utile e comodo pei viaggiatori, e pei telegrafi, e che servisse ancora al nobile ed elevato intento di ricordare agli uomini, che, malgrado la necessaria distinzione da città e città, da nazione a nazione, essi non debbono considerarsi come attendati in campi rivali od ostili, ma quali membri di una sola grande famiglia».

I fusi orari avevano dunque anche una fondamentale valenza etica, e proprio per questo come meridiano di riferimento Filopanti proponeva il meridiano del Campidoglio, che aveva un forte richiamo storico e al tempo stesso non alimentava le rivalità fra le grandi potenze.
I fusi orari per Filopanti erano solo il tassello di un progetto assai più ampio. Si trovano descritti in Numbers, la seconda parte del primo volume di Miranda!, dove Filopanti studia e confronta i calendari di tutte le epoche e civiltà e che avrebbe dovuto portare all’adozione di una riforma del calendario di grande portata: il Calendario Futuro. Questo sarebbe stato diviso in dodici mesi di trenta giorni, a loro volta suddivisi in tre decadi, con giorni festivi il primo ed il sesto giorno di ogni decade, da dedicare all’educazione e all’evoluzione morale e intellettuale dei cittadini.

Una paternità poco nota
La scoperta di Filopanti passò praticamente inosservata e quando nel 1878 il canadese Sandford Fleming (1827-1915) propose i 24 fusi orari, l’idea sembrò a tutti nuova. A proposito dello scarso riconoscimento dato a Filopanti, Gianluigi Parmeggiani scrive: «Probabilmente perché la sua proposta era in anticipo (nel 1859 unicamente la Gran Bretagna aveva l’ora nazionale e la maggiore parte degli altri Stati era ancora regolata dalle ore locali) e non era nello spirito del tempo (nel 1872 il dibattito verteva sull’ora universale assoluta, dibattito che continuerà sino alla fine del secolo). Inoltre non c’era nessuna struttura economica forte a sostenerla, come l’appoggio delle grandi compagnie ferroviarie o telegrafiche, le più interessate a stabilire un sistema per regolare il tempo».
La proposta di Filopanti era inoltre stata formulata in un libro stampato in sole cinquecento copie e pieno di teorie filosofiche quantomeno stravaganti; anche se la biblioteca dell’Osservatorio di Edimburgo nel 1890 ne possedeva una copia la sua diffusione fu senz’altro molto limitata. Benché Filopanti fosse membro dell’Accademia delle Scienze di Bologna e pubblicasse i suoi contributi in importanti riviste scientifiche internazionali, riproporrà la sua idea dei fusi orari solo ne L’Universo, ( L’Universo, Bologna, Stab. tip. di G. Monti, 1871-1873.) un libro di divulgazione scientifica.

Fleming, che era stato ingegnere Capo delle ferrovie del Canada, avanzò la sua proposta nelle sedi istituzionali più opportune, come la International Meridian Conference che si tenne a Washington nel 1884. In quell’occasione Greenwich venne scelto come meridiano di riferimento non per le nobili ragioni di Filopanti, ma in forza del traffico delle navi che era regolato su quel meridiano.

Il fatto che Filopanti sia stato il primo ideatore dei fusi orari non è tuttora universalmente noto. Nel 1893, quando Filopanti era ancora in vita, l’autore di questa Memoria della Società agraria di Bologna, gli riconosce senza alcun dubbio la paternità dell’invenzione.
L’ora universale e i fusi orari. Memoria del socio dottor Adolfo Merlani letta nell’adunanza ordinaria delli 28 maggio 1893, Bologna, Tipografia di G. Cenerelli, 1893 (Estratto da «Annali della società agraria di Bologna»)
Collocazione: BCABo, 18*. Geografia. cart. 2, n. 27


 

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