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AFRICA ROMANA: Capsa

Gafsa: complesso termale romano

Gafsa: complesso termale romano

 

 

 

 

CAPSA

 

 

 

Capoluogo del governo eponimo, Gafsa è anche capoluogo naturale della regione. La scoperta di resti preistorici appartenenti alla cultura capsiana (da Capsa, toponimo romano del sito) costituisce la prova di quanto sia antico il popolamento della regione. Gafsa (la Capsa romana) è un'oasi. In una spaccatura di quelle colline aride, su quella che era una volta la vecchia strada romana, s'intravede un profilo armonioso di scure palme dattilifere e case candide, mentre l'orizzonte è dominato da minareti. «Gli archeologi», scrisse Norman Douglas, che si trovava lì nel 1911, «hanno scoperto soltanto nella regione di Gafsa più di un centinaio di pozzi e serbatoi romani di ogni forma e grandezza».

Douglas arrivò alla conclusione (ovvia) che anche se fossero rimessi in efficienza tutti gl'impianti idraulici romani non se ne avrebbe più il rendimento di una volta, perché nei mille e più anni di abbandono si è verificata «una forte diminuzione del flusso dell'acqua». Secondo gli storici arabi Gafsa fu costruita dai guerrieri di Nimrod.

Secondo altri il suo fondatore sarebbe Melkart, l'Ercole libico che fu l'eroe della sua colonizzazione. Quando riconquistarono quella vasta oasi «perforata da cento porte», appartenuta una volta all'Egitto, i Cartaginesi la chiamarono Kafaz. Dopo la distruzione di Cartagine vi si rifugiarono portandovi i loro tesori, i re numidi. Nel 106, la città sorta sui resti di una fortezza berbera, fu incendiata dal generale romano Mario.

I Romani erano infatti particolarmente interessati a questo punto strategico, dove un valico, attraversato dalle carovane, metteva in comunicazione le pianure del nord, ricche di cereali, con le oasi del Jerid. Il generale romano attaccò di sorpresa, fece prigionieri tutti gli abitanti e l'anno successivo, con l'aiuto di Silla, riuscì anche a catturare Giugurta, re di Numidia, ponendo così termine a una guerra durata sei anni.

Al loro arrivo a Gafsa nel 106 a.C. per domare la rivolta del re numida Giugurta, le legioni romane trovarono le campagne all'intorno sterili e desolate.

I venti caldi «si alzano dal deserto come una vera tempesta marina», scrisse lo storico romano Sallustio. «Poiché la pianura è ininterrotta e priva di vegetazione, il vento, che non trova ostacoli, solleva la sabbia in nuvole furiose... (che) riempiono il viso e gli occhi». Dovendo affrontare un paese così ostile i comandanti militari romani cercarono di allenare con tattiche opportune le loro legioni. Abituati a compiere lunghe marce forzate notturne, i soldati romani, riempiti d'acqua otri di cuoio, attraversarono ottantuno chilometri di deserto e piombarono su Gafsa.

Il clima ostile non era più una protezione per nessuno. Capsa fu elevata a municipium sotto Traiano, poi divenne colonia e la città prosperò, come é evidente dalla vista delle piscine romane e dai mosaici rinvenuti nel 1969. Le piscine sono costituite da due vasche profonde 4 metri e racchiuse da alte mura in pietra da taglio che recano tracce di iscrizioni. Le due vasche comunicano tra loro attraverso una volta murata a secco e rinforzata da archetti: sono alimentate da sorgenti che sgorgano sul fondo delle vasche a una temperatura di 31 °C. Poco rimane dell'antica Gafsa, ma vi si possono ancora vedere i meravigliosi serbatoi romani, profondi più di otto metri, larghi diciassette e lunghi ventitré.

L'acqua sorgiva che vi giunge è così limpida che vi si vedono entrare attraverso una larga apertura dei pesciolini iridiscenti. Una serie di solidi scalini porta alla sorgente da cui l'acqua scorre in un altro grande serbatoio. Durante il giorno quel luogo ridente è sempre affollato di bambini arabi.

La strada romana strategica fra Gafsa e il porto di Gabes, costruita originariamente da Tiberio nel 14 a. C., doveva permettere soprattutto alla III Legione Augusta di spostarsi con facilità relativa in quella vasta zona e impedire alle tribù del deserto - i Getuli della montagnosa Numidia (Algeria) e i Garamantes del deserto di Libia - di attaccare le città e le ville romane. La distanza fra la città-guarnigione di Tebessa (il primo quartier generale della III Legione Augusta) e Gabes sulla costa, era di 185 miglia romane. Fra Gafsa e Gabes c'erano cinque posti di tappa. Per i Romani arrivare alla costa attraverso quella zona completamente deserta doveva rappresentare una specie di viaggio all'inferno. Nelle prime dieci miglia bisognava attraversare le saline di Chott el Guettar, dove le depressioni, o chotts, sono bracci disseccati di mare. Anticamente, dicono le leggende, venivano a gettarvi l'ancora le flotte dell'Atlantide. Evaporando col caldo le acque piovane che vi si raccoglievano lasciavano residui di sale così brillanti che i loro riflessi potevano provocare la cecità parziale.

I bizantini chiamarono la città Justiniana, la dotarono di mura nel 540 ed amplificarono la loro opera di cristianizzazione: secondo il geografo El Idrissi (XII secolo) la popolazione si oppose tenacemente alla diffusione della religione islamica e nonostante gli arabi avessero catturato ottantamila prigionieri nella regione nel 668, si continuò a parlare il latino per oltre seicento anni. Nel 1434 gli Hafsidi costruirono la Kasba che resistette all'assedio del corsaro Darghouth nel 1551 e che riuscì però a conquistarla nel 1556. Durante la Seconda guerra mondiale, la città fu occupata tre volte e subì gravi danni dall'artiglieria francese che distrusse la maggior parte della Kasba.

In fondo al Bourguiba Avenue, appaiono le piscine romane: la più piccola presenta delle iscrizioni latine, appena leggibili, nel punto in cui sgorga l'acqua termale. I ragazzi del luogo si tuffino nell'acqua limpida delle piscine alla vista dei turisti.