Politica

LA CRISI

Governo, la maggioranza non c'è più
Berlusconi si arrende: "Mi dimetto"

Il Cavaliere getta la spugna: "Lascio dopo il via libera alla legge di stabilità. Dopo vedo il voto". A Montecitorio il rendiconto passa con 308 voti. L'opposizione non partecipa al voto. Il premier alla caccia dei "traditori". Poi il vertice con Bossi e il colloquio con Napolitano. Che nel comunicato precisa: "Dopo si apriranno le consultazioni" di MATTEO TONELLI

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ROMA - "Vado al Colle ma non mi dimetto". Dopo il voto sul Rendiconto di bilancio che certifica la fine della sua maggioranza, Silvio Berlusconi prova a resistere. Ma dopo 45 minuti di colloquio con Giorgio Napolitano annuncia di voler gettare la spugna e chiudere la sua terza legislatura da premier: "Mi dimetto dopo l'ok alla legge di stabilità".

Dopo il passaggio parlamentare il premier prima chiama a raccolta i suoi e poi sale al Quirinale. L'opposizione gli chiede di passare la mano, lui va dal capo dello Stato per "un confronto". Alla fine ammette: "La maggioranza non c'è, lascio". Ma non subito. Prima c'è da approvare la legge di stabilità. Più o meno tra una ventina di giorni. Un minuto dopo, comunica il Colle, partiranno le consultazioni. Per Berlusconi, però, "non sarebbe pensabile dare responsabilità di governo a chi ha perso le elezioni, in democrazia si fa così". Meglio tornare alle urne: "Il Parlamento è paralizzato, nel futuro io vedo solo il voto".

VIDEO LA REAZIONE DEL CAVALIERE AL VOTO


Il voto alla Camera.
A Montecitorio l'opposizione si compatta e decide di non partecipare al voto. Il risultato finale certifica i 308 sì. In realtà sarebbero uno in più perché nel conto andrebbe inserito anche il mancato sì del pidiellino Malgieri, che fa mettere a verbale di non essere riuscito a votare. Un risultato, comunque, ben al di sotto la maggioranza assoluta.

Berlusconi scuote la testa e ammette: "I numeri non ci sono. A questo punto bisogna verificare la tenuta della maggioranza. Dobbiamo riflettere". Riflettere e dare un nome ai "traditori". Una foto rende pubblico un biglietto in cui Berlusconi verga alcune parole significative. E' indicata la scritta "308", con accanto un commento che farà discutere, "-8 traditori", pari al numero di parlamentari che si sono sfilati dai 316 dell'ultima fiducia. Poi la scritta rileva le opzioni in campo: "prenda atto, rassegni le dimissioni" (dunque in terza persona e non in prima), "presidente della repubblica", voto e "una soluzione" e "ribaltone".

LA FOTO IL BIGLIETTO SUI TRADITORI



Caccia ai traditori.
Berlusconi si fa portare il tabulato dei votanti e scorre la lista. Scopre così che la differenza l'hanno fatta cinque parlamentari un tempo in maggioranza. Quelli usciti stamane allo scoperto con l'annuncio di una non partecipazione al voto. Condannando la maggioranza a diventare minoranza sul rendiconto, almeno rispetto alla somma degli assenti.

Sono Giustina Destro, Antonio Buonfiglio, Fabio Gava, Giancarlo Pittelli e Roberto Antonione. Restano fedeli, per adesso, Giorgio Straquadanio e Isabella Bertolini. Così come i tre ex finiani Adolfo Urso, Andrea Ronchi e Pippo Scalia. Assenti al voto anche gli esponenti del Misto Calogero Mannino, Giancarlo Pittelli, Luciano Sardelli, Francesco Stagno D'Alcontres e Santo Versace.

VIDEOSCHEDA GLI 8 TRADITORI

Si è invece astenuto Franco Stradella, del Pdl.
Ma a essere bollata come traditrice la Destro non ci sta: "Berlusconi lo abbiamo sostenuto dal 2008 sino ad oggi. Farebbe bene e riflettere su chi siano stati invece i veri traditori" dice l'ex parlamentare del Pdl. Più tardi, a cose fatte, il premier mitigherà i toni: "Ho provato non solo sorpresa, ma anche tristezza".

L'incontro con Napolitano.
Il premier lascia la Camera e va a Palazzo Chigi con Bossi e Letta. Tocca a La Russa anticipare la salita al Colle di Berlusconi. Brunetta lo spinge ad andare avanti: "La Costituzione non richiede al governo di avere la maggioranza assoluta: per governare basta quella semplice". Ma Bossi, che in mattinata aveva consigliato al premier un passo "di lato" in favore di Alfano (video), sembra più cauto: "Aspettiamo qualche minuto. Decide cosa fare al Quirinale". ma c'è anche chi non si arrende.

Maurizio Paniz, prevede: "Papa (attualmenente agli arresti per l'inchiesta P4, ndr) potrà venire presto a votare".
Il ministro del Welfare Maurizio Sacconi guarda avanti: "Credo che ci sia un modo ancora più evidente per verificare la maggioranza: cioè il voto di fiducia". Un altro fedelissimo berlusconiano, impegnato sul fronte caldo della giustizia, chiede a Berlusconi un passo indietro. "Su un voto fondamentale la maggioranza si è fermata a quota 308. Di fronte a questi numeri ci sono atti consequenziali da adottare perché vi deve essere un faro insostituibile per un politico: il bene e l'interesse del Paese" dice Luigi Vitali, componente del Direttivo Parlamentare del Pdl.

Passano pochi minuti e arriva la resa del premier: "Ora dobbiamo preoccuparci di ciò che accade sui mercati finanziari che non credono che l'italia sia capace di approvare le misure che l'ue ci ha chiesto. Credo sia la prima cosa di cui preoccuparci. Poi le altre cose, chi guida o meno il Paese, ma ora fare il bene del paese".

Il comunicato del Colle. "Il presidente del Consiglio - si legge nella nota del Quirinale - ha manifestato al Capo dello Stato la sua consapevolezza delle implicazioni del risultato del voto odierno alla Camera; egli ha nello stesso tempo espresso viva preoccupazione per l'urgente necessità di dare puntuali risposte alle attese dei partner europei con l'approvazione della Legge di Stabilità, opportunamente emendata alla luce del più recente contributo di osservazioni e proposte della Commissione europea".

"Una volta compiuto tale adempimento, il presidente del Consiglio rimetterà il suo mandato al Capo dello Stato, che procederà alle consultazioni di rito dando la massima attenzione alle posizioni e proposte di ogni forza politica, di quelle della maggioranza risultata dalle elezioni del 2008 come di quelle di opposizione", conclude la nota.

Vertice a Palazzo Grazioli. Dopo l'incontro al Quirinale, Berlusconi ha convocato a Palazzo Grazioli i leader della maggioranza per un vertice che si è concluso a mezzanotte. Presenti Umberto Bossi e Giulio Tremonti, i ministri Maroni e La Russa, i capigruppo del Pdl Gasparri e Cicchitto e quelli della Lega Reguzzoni e Bricolo, oltre al coordinatore del Pdl Denis Verdini.

Legge di stabilità. Il via libera del Senato al ddl stabilità arriverà al massimo entro venerdì 18 novembre.  "Domani -
riferisce il relatore di maggioranza Massimo Garavaglia della Lega - il governo presenterà l'emendamento con gli impegni per la ue e io presenterò qualche emendamento come relatore. Poi verrà stabilito un tempo per la presentazione dei sub-emendamenti e si procederà con le votazioni in commissione bilancio. L'approdo in aula è previsto per il 15 novembre e contiamo di chiudere al massimo entro venerdì prossimo in senato".

Dopo il testo passerà alla Camera e si "avvierà lo stesso iter". Se non ci sarà nessuna accelerazione, quindi, il testo dovrebbe essere approvato in via definitiva dal Parlamento entro fine novembre. Misure che Berlusconi vuol far passare chidendo "all'opposizione di consentirne il varo urgente".
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