Milano, 22 dicembre 2014 - 14:52

«Lombardia, Lombardia»,
presentato l’inno della Regione

L’anteprima in Consiglio regionale. Composto da Giulio Rapetti (Mogol) e Mario Lavezzi

di Redazione Milano online

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È stato presentato in anteprima, nell’aula del Consiglio Regionale, il nuovo Inno della Regione Lombardia, alla presenza del governatore Roberto Maroni e del presidente del Consiglio regionale Raffaele Cattaneo, che ha pubblicato il video-karaoke sui suoi profili Facebook e Twitter, oltre che sul sito del Consiglio. Le parole scorrono sullo sfondo di un cielo azzurro «che richiama il manzoniano “cielo di Lombardia”». L’inno è stato composto «da due grandi maestri della musica italiana: Giulio Rapetti Mogol e Mario Lavezzi». Il Presidente del Consiglio regionale, Raffaele Cattaneo, che ha raccolto l’intuizione del governatore Maroni, ha stretto una grande amicizia con i due artisti, a partire da Mogol incontrato il 4 luglio scorso ad Avigliano Umbro nella sede del Centro europeo di Toscolano. «È un brano pop, nel senso di popular, come lo è la musica leggera - ha detto Cattaneo -. Il testo racconta perfettamente lo spirito della nostra grande terra: operosa, generosa, senza odio per nessuno, accogliente... In Lombardia nessuno è forestiero».

Il progetto

Questa prima versione del brano ha passato l’esame dell’aula ed è stata accolta con un lungo applauso, ma si tratta della fase iniziale di un progetto di più lungo respiro. Nei prossimi mesi verrà realizzato un video e un evento di grande rilievo per tutta la Lombardia, con la partecipazione di artisti lombardi. Cattaneo ha lanciato una proposta: «Io credo che da questa prima presentazione possa nascere un grande progetto che deve avvalersi della creatività e del contributo dei giovani lombardi, coniugando l’intervento di importanti voci della musica italiana con la capacità e il talento degli studenti. Potrebbe essere un bel connubio per dare voce, immagine e corpo alla nostra Lombardia».

Il testo

Ecco il testo, che come Mogol ha confidato si ispira ai ricordi della sua infanzia: «Questa storia è quella di un bambino / che diceva sempre sì / entusiasta di ogni cosa: / era un mondo che poi finì./ Mi ricordo la città, la mia Milano, / senza odio per nessuno / E la gente silenziosa nella chiesa / a pregare tutti uniti come uno / io da qui non vado via... / Lombardia, Lombardia / grande terra mia... / Terra piana e montana / Gente forte che / è operosa, generosa / senza una bugia/ ti dà il cuore / parla poco / ma dice quel che è... / Tutto il mondo chiuso in una via / il suo nome: “buona volontà” / una strada di periferia / di chi accetta e ti ridà…/ Di chi ha poco e resta fiducioso / che poi in meglio cambierà… /Di chi lavora e vive con poesia. / E se anche vado via… / Lombardia, Lombardia / grande terra mia / orgogliosa, laboriosa / piena di energia / gente onesta / la lombarda / fidati perché / ha un gran cuore / pensa in grande / ma resta quel che è / Lombardia, Lombardia / grande terra mia... / Terra piana e montana / Gente forte che / è operosa, generosa / senza una bugia/ ha un gran cuore / pensa a tutti / e stringe tutti a sè».

Gli autori

«Sono nato in via Celeste Clericetti 38 (zona Piola), l’ultima strada di città e la prima di campagna — ha racconta Mogol al Corriere — . Sono cresciuto in una famiglia proletaria, i miei genitori erano molto giovani, si stava stretti ma ci si aiutava di più». Un piccolo mondo antico, fatto di sostegno e solidarietà: «Mia madre portava in casa chiunque si sentisse male». Altri tempi, non solo per la maggiore coesione sociale: «Si giocava a pallone in strada, ricordo ancora il grido “passa una macchina”, che ogni tanto interrompeva la partita. Quello che allora era quasi un evento, oggi è la normalità». Il messaggio che ha voluto comunicare? «L’orgoglio di appartenere a una regione di gente costruttiva». «Ho usato una musica scritta più di 30 anni fa — rivela — che è circolata pochissimo, ma era quella che avevo nel cuore, perfetta per esprimere ciò che sento per la mia terra». Lavezzi (suo l’arrangiamento) parla di «Inno pop»: «Maroni lo ha voluto più rock e aveva ragione: ho raccolto il suo suggerimento per rendere l’idea di una realtà frenetica, in continuo movimento». Mango, scomparso di recente, sull’Inno aveva accettato di incidere alcuni suoi vocalizzi.

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