Storia, vita, costumi, religiosità dei Veneti antichi

Tito Livio, lo storico di Padova che nel periodo di Augusto scrisse la storia di Roma, ci riferisce che i Veneti antichi provenivano dall' oriente, dalla Paflagonia, regione dell' attuale Turchia sul Mar Nero. La leggenda vuole che i Veneti o con il nome greco Eneti, alleati dei Troiani ( Iliade II- 851-852 ), morto il loro capo Pilemene, dopo la distruzione di Troia, guidati da Antenore navigassero verso occidente risalendo poi l'Adriatico fino al Caput Adriae, le foci del Timavo presso Trieste, dove a ricordo, sacrificavano ogni anno due cavalli bianchi a Diomede.

Quì e si fusero con il popolo preesistente degli Euganei ed occuparono tutto il territorio dell' attuale Veneto avendo a nord i Reti, a sud gli Etruschi ad ovest i Celti.
Nella prima età del ferro, verso il 1000a.C., i villaggi ubicati nelle zone collinari e lungo i fiumi erano costituiti da capanne di canne e argilla e l'economia era basata principalmente sull' agricoltura, la pesca e limitatamente la caccia. Le attività artigianali erano la lavorazione della ceramica, del bronzo, del corno, del vetro, dell' ambra, la filatura e tessitura. Avevano collegamenti commerciali terrestri via l'Etrusca Bologna con l'Etruria dove nelle colline metallifere si estraevano rame e stagno, con il Trentino abitato dai Reti e il Nord Europa tramite le valli dell' Adige, del Piave e dell' Isonzo da dove ricevevano minierali e ambra e per via marittima tramite i porti di Spina, Adria e Altino con le città greche dove esportavano bronzo e ambra e ricevevano i pregiati vasi attici.
Pur di indole pacifica, dovettero spesso difendersi dai vicini. Si ricorda a proposito la cattura e distruzione delle navi di Cleonimo re di Sparta che nel 302 a. C. tentarono di risalire il Brenta per saccheggiare Padova e le continue lotte contro i Celti che scesi dal Nord avevano occupato tutto il Nord Italia. Peraltro con i Celti Cenomani che si erano insediati nel Bresciano eVeronese e che sapevano lavorare bene il ferro, si instaurò una buona collaborazione e pacifica fusione.
Più tardi all' arrivo dei Romani, furono loro alleati principalmente in funzione anti Celti e Germani e collaborarono nella guerra contro Annibale.
A testimonianza dell' indole pacifica dei Veneti sono gli oggetti che si trovano nelle loro tombe, non spade e armi ma oggetti di uso quotidiano: per gli uomini rasoi, spilloni decorati placche di cinturoni, per le donne rocchetti, fusi per filare, monili, vasi. Verso il 500 a. C.i villaggi presero una forma quasi urbana e ne ritroviamo oggi le tracce nel sottosuolo delle nostre principali città:Este, Adria, Padova, Vicenza, Verona, Treviso, Asolo, Montebelluna, Oderzo, Altino , Belluno, Mel, Calalzo, Pozzuolo del Friuli.
In quel periodo tramite gli Etruschi che l' avevano a loro volta ricevuta dai Greci e Fenici, fu introdotta la scrittura di cui abbiamo parecchie testimonianze su pietra o lamine di bronzo.
Presso il tempio della dea Reitia ad Este esisteva una vera e propria scuola dove sono state scoperte lamine con l'alfabeto e stili per la scrittura in bronzo. La lingua veneta però non assomigliava alla lingua etrusca di origini sconosciute ma era del ceppo indoeuropeo affine al latino.
I prodotti dell' agricoltura erano orzo, miglio , farro,frumento, avena, segale, fave, fagioli, piselli e vino.C'era anche una notevole produzione di canapa e lino i cui fiori azzurri in primavera occupavano ampi spazi determinando il colore preferito dai Veneti. Altro particolare erano i campi recintati da alte siepi ,caratteristica della campagna veneta fino a pochi anni fa.

L'allevamento era costituito da bovini, maiali, animali da cortile e da un gran numero di ovini dai quali si ricavava una buona lana per fabbricare i famosi mantelli e tessuti di cui Padova andava fiera. Particolare attenzione era riservata all' allevamento dei cavalli che erano elogiati in tutto il mondo antico.
Nell' anno 440 a.C. Leone Spartano vinse l'Olimpiade con bianche cavalle venete e Dionisio di Siracusa comprò molti di questi cavalli per vitalizzare i suoi allevamenti.Più tardi a Roma nelle gare al circo Massimo, i Veneti vi partecipavano con una loro squadra contraddistinta sempre dal colore azzurro intenso, il colore dell'attuale nostra Nazionale, mentre nell' esercito romano erano presenti con contingenti di cavalleria. Il cavallo era un tale segno di prestigio che sovente alla morte del padrone, lo seguiva nella tomba.
L'abbigliamento era alquanto originale, differente da quello delle popolazioni limitrofe
e dalle raffigurazioni riportate sui vasi in bronzo sbalzati (situle) ne vediamo bene i dettagli.
I notabili o i più ricchi , raffigurati con grandi nasoni e collo e gote grasse, avevano in mano un bastone con pomolo, ricoperti da un gran mantello colorato e grandi cappelli con punte in alto, ai piedi delle calzature a punta rialzata, caratteristrica nelle popolazioni orientali.
Le donne si ricoprivano con un ampio scialle nero o colorato. Entrambi portavano sotto una tunica,
stretta da una cintura con placche decorate. Le calzature femminili erano dei caratteristici stivali a mezza gamba, svasati in alto.Mentre le donne raccoglievano generalmente i capelli a coda di cavallo o a trecce, gli uomini a differenza delle popolazioni celtiche e germaniche, si radevano il capo, si suppone per igiene personale e portavano grandi cappelli o berrette.I gioielli delle donne erano collane, pendenti, orecchini d'argento o bronzo fatti con pasta vitrea, ambra, corallo.
Pochi erano in oro per lo più di origine etrusca o greca. La classe più povera è invece rappresentata da
individui scalzi con vesti semplici e senza copricapo. C'era anche una classe media composta da artigiani specialisti nella lavorazione del bronzo e del ferro e da commercianti d'ambra e di cavalli che certo godevano di agiatezza.
Erodoto (I-196) ci tramanda che presso i Veneti Illirici, all' inizio della primavera, le ragazze da marito erano contese dai giovani con una gara di offerte di doni per ottenere il consenso al matrimonio. Naturalmente le ragazze più avvenenti ricevevano molti regali mentre le bruttine erano dimenticate.
Il fatto singolare era che i doni delle più belle servivano a formare la dote delle meno fortunate, un uso della bellezza che definiremo oggi " socialmente utile".
Pur detenendo il capo famiglia l'autorità, la donna aveva un ruolo fondamentale e dignità pari quasi al marito. Il poeta Marziale ci dice che la donna veneta si comportava seguendo regole di moralità rigida ed era custode dei costumi.
Lo sport più in voga erano le corse dei cavalli ed una specie di pugilato.A Padova si tenevano periodicamente una sorta di Olimpiade i " Giochi Iselastici"
I Veneti antichi non avevano un re o capo supremo ma ogni città o nucleo sceglieva i suoi amministratori e rappresentanti e solo in caso di pericoli esterni si federavano tra loro.Questa gelosa autonomia propria delle città venete la ritroviamo nel bene e nel male secolo dopo secolo fino ai giorni nostri.
L'armatura, come vediamo dalle raffigurazioni, era simile a quella dei Greci e Troiani, segno evidente della loro origine: un' elmo con cresta e pennacchio che scendeva sulle spalle, una corazza di cuoio rivestita di lamine di bronzo, schinieri alle gambe, spada corta, una o due lance e lo scudo rotondo.
Verso il Terzo secolo A.C. l'armatura si orientò verso il tipo celtico.
All' arrivo dei Romani cambiarono molte cose, un mondo si trasformò: le case in legno furono sostituite da quelle in pietra, le strade in terra divennero ampie e lastricate:la via Annia, la Postumia, la Claudia Augusta, l'Aurelia; la la lingua ufficiale fu quella latina, gli dei tradizionali furono sostituiti con quelli classici, forse buttarono le scarpe a punta ed i grandi cappelli e si lasciarono crescere i capelli, in breve si romanizzarono.Tito Livio di Padova e Catullo di Verona scrissero le loro opere in latino.
Nel 102 a.C. i Romani annientarono il popolo germanico dei Cimbri che erano scesi nella pianura dal Brennero saccheggiando le città: Per impedire future invasioni i Romani fortificarono i punti strategici e con le centuriazioni trapiantarono nella pianura veneta migliaia di legionari-coloni dividendo tra loro la terra, creando i famosi graticolati romani di Camposampiero, Borgoricco, Asolo, Altino ed altri. Nel 49 a:C. con la lex Roscia fu estesa a tutto il Nord Italia la cittadinanza romana e le città divennero municipi, cioè si amministravano autonomamente pur con dei doveri verso Roma. Tutto ciò comportò uno straordinario sviluppo nelle attività, nei commerci e nel modo di vivere.
Ma far parte del mondo romano comportava dure scelte politiche: nella lotta civile tra Cesare e Pompeo ad Oderzo che parteggiava per Cesare, più di mille cittadini preferirono uccidersi l'un l'altro pur di non cadere nelle mani dei pompeiani. Cesare in seguito ricompenserà la città per la fedeltà dimostrata. Più tardi sotto Nerone fu il patavino Trasea Peto, senatore e uomo virtuoso che prima fu consigliere dell' imperatore e poi caduto in disgrazia per aver osato criticarlo, stoicamente si diede la morte. Con Augusto fu creata la X Regio Venetia e Istria ed in un clima di pace città come Padova, Verona, Aquileia erano tra le prime dell' Impero. Con Costantino arrivò il Cristianesimo che sostituitosi alla religione pagana, divenne la religione ufficiale dell' Impero. Tutto ciò durò fino al 500 circa d.C.quando cominciarono le invasioni barbariche che portarono morte e desolazione nella nostra regione.
Prima la lunga guerra tra Goti e Bizantini, poi le distruzioni di Attila, i Longobardi, gli Ungheri e le disastrose alluvioni portarono alla cessazione di qualsiasi attività che non fosse pura sopravvivenza. Un cronista del tempo scriveva che i pochi sopravvisuti erano ridotti a nutrirsi si sole erbe selvatiche ridotti a servi della gleba dai nuovi padroni, i feudatari di origine germanica arroccati nei loro castelli.
Dobbiamo attendere la fine di questi secoli bui dell' alto Medioevo, verso il 1000 per avere un ritorno pur minimo alla vita sociale ma solo con l'affermazione dei liberi Comuni e la scomparsa del feudalesimo le attività artigianali e commerciali rifiorirono creando un relativo benessere.
Più tardi con l'avvento di Venezia che sempre indipendente mai aveva interrotto i suoi rapporti culturali e commerciali con Costantinopoli e l'Oriente, le cose migliorarono ulteriormente.
Ma questa è un' altra storia che racconteremo in seguito.

La religiosità dei Veneti.

E' noto che fin dai tempi antichi i Veneti avevano uno spiccato senso religioso della vita.
Dai ritrovamenti dell' età preromana nel periodo dal1000 al 100 a:C., è evidente la devozione che i Veneti, da Este, centro religioso principa e centro di scrittura, su fino a Lagole (Calalzo) e in altre località della regione riservavano ai loro dei, in particolare alla dea Reitia ( Este, Padova, Montebelluna) e Tramusiate ( Lagole) nei santuari presso boschi, sorgenti sacre e fiumi. Strabone ci racconta che nei boschi sacri dei Veneti, i lupi ed i cervi pascevano insieme.In particolare la dea Reitia è rappresentata nei dischi bronzei ritrovati a Montebelluna, con in mano le chiavi dell' universo, simbolo dell' esistenza, nel tipico costume veneto, lo scialle, la grande gonna con cinturone, gli stivali svasati, accompagnata da un lupo e da un airone.
Era chiamata Sainate (Sanatrice),Vebelei ( Tessitrice della vita), Porai (Genitrice)a cui si donavano ex-voto riproducenti , mani, gambe,statuine, cavallini, manici di mestoli, laminette in bronzo, gettati nelle fonti o appese agli alberi, con iscrizioni di supplica o ringraziamento,quali:
Fremaistna dato Reitiai- Fremaistna donò a Reitia,
Mego donasto Voltiomnos Juvants s' Ainatei Reitiai-Mi donò Voltiomnos Juvents alla sanatrice Reitia,
Kellos Ossokos dato donam Trumusijatei-Kellos Ossokos diede in dono a Trumusiate.

Altrettanta devozione era riservata al defunti che venivano cremati e le ceneri racchiuse in vasi o cassette in terracotta o bronzo con oggetti rappresentativi del loro lavoro: spilloni, rasoi, borchie per gli uomini, fusi, rocchetti, pesi per telai per le donne.
I personaggi più autorevoli erano in vasi di bronzo (situle) con rappresentazioni a sbalzo di scene di vita e sovente accompagnati dall' inumazione del loro cavallo.
Questo intenso rispetto per i defunti era dovuto alla convinzione che i morti continuassero a vivere un' altra vita dalla quale potevano ancora mantenere un contatto e autorità con i discendenti.
Con l'arrivo dei Romani nel 200 a.C. queste divinità originarie vennero lentamente sostituite
con le divinità classiche: a Padova Reitia con Giunone, a Este con i Dioscuri, a Lagole con Apollo
e con i culti di Ercole e Mitra. Ma nel 300 d. C con l'editto di Costantino e l'avvento del Cristianesimo gli dei pagani scomparvero definitivamente.Se ne ritrovano le tracce presso le chiese più antiche che sovente sorsero al posto dei templi e santuari precedenti. La religiosità della gente, pur con tutti questi cambiamenti, si mantenne sempre viva e tuttora innumerevoli sono i luoghi di devozione e di culto che si incontrano, dal semplice capitello di campagna o piccola chiesetta tra i boschi fino ai grandi santuari e alle stupende basiliche della Salute a Venezia, di S. Antonio a Padova e della Madonna di Monte Berico a Vicenza, mete continue di pellegrinaggi. Anche il culto dei morti è rimasto intatto perché non c'è tomba che non sia ornata da fiori.


Bibliografia:
I Paleoveneti-Editoriale Programma
Storia e leggenda dei Veneti di
Anselmi- Bellò- Turri.

Sante Petrini